GLI ORGANISMI VIVENTI FRA FISICA E BIOLOGIA

Edoardo Boncinelli
Istituto Scientifico H San Raffaele
via Olgettina 60, 20132 Milano
e-mail boncinelli.edoardo@hsr.it

 

Riassunto. Tra la biologia e la fisica esistono un certo numero di differenze concettuali e metodologiche. Alcune di queste sembrano essere contingenti e dovute sostanzialmente ad un ritardo storico dello sviluppo della biologia rispetto alle scienze fisiche. Queste differenze di mentalità e di metodologia appaiono di anno in anno meno rilevanti. Altre differenze appaiono più profonde e forse inerenti agli oggetti stessi dei rispettivi campi di studio. Mi limiterò a prendere in considerazione qui alcuni aspetti di questo problema nel quadro di tre argomenti di carattere generale: l’importanza relativa delle condizioni iniziali e delle leggi universali; l’influenza della temperatura; e l’uso deliberato fatto in biologia di concetti propri dalla Teoria dell’Informazione. Questa analisi rivela che non ci sono differenze concettuali essenziali fra la fisica e la biologia, ma c’è piuttosto una differenza nell’enfasi posta dalle due discipline sui diversi aspetti della descrizione del reale. Le entità biologiche sono molto più dominate degli oggetti della fisica da una serie di eventi storici che risultano da altrettante rotture di simmetrie. Questo fatto ha delle notevoli ripercussioni sulla loro analisi. Alcune di queste considerazioni possono essere rilevanti per la discussione sull’utilità e i limiti del riduzionismo in biologia.

 

Le macromolecole, le cellule e gli organismi viventi sono entità fisiche costituite da altre entità fisiche interagenti fra di loro secondo le leggi della fisica e della chimica. La biologia appartiene, di consequenza, al dominio delle scienze fisiche e le sue regolarità e i suoi principi dovrebbero essere in ultima analisi ricondotti, se non ridotti, alle leggi generali della fisica. Nessuno oggi dubita più della validità di questa affermazione e l’utilizzazione consapevole di questi concetti ha enormemente facilitato l’ascesa e l’affermazione della moderna biologia molecolare. Ciononostante è chiaro a chiunque si accosti a queste discipline che vi sono un certo numero di differenze rilevanti fra le scienze fisiche - fisica, chimica e chimica-fisica - da una parte e le scienze biologiche dall’altra. Alcune di queste sembrano di natura contingente e dovute essenzialmente al fatto che la biologia è una scienza relativamente giovane e certamente molto più giovane della fisica. Tali differenze stanno divenendo ogni giorno meno rilevanti e si ha l’impressione che col tempo finiranno per scomparire.

Ma possiamo concludere che tutte le differenze esistenti fra i due gruppi di discipline sono di questo tipo oppure ne esistono altre di natura più consistente e duratura? In altre parole, è ragionevole supporre che tra queste discipline esistano anche differenze intrinseche inerenti ai loro rispettivi campi di studio? Mi limiterò qui ad alcune considerazioni di carattere generale partendo da un punto di vista strettamente fisicalista.

 

Condizioni iniziali e leggi universali

 

Per risolvere un determinato problema di fisica, che si tratti di meccanica, di elettromagnetismo o di fisica atomica, è necessario prendere in considerazione innanzitutto le leggi fisiche che regolano quella classe di problemi e secondariamente le condizioni iniziali specifiche di quel dato problema. Le leggi fisiche sono valide in ogni circostanza, mentre le condizioni iniziali individuano la situazione specifica fra tutti i possibili eventi fisici. Per esempio ogni solido obbedirà alle leggi della meccanica e alla forza di gravitazione, ma per risolvere un qualsiasi problema di balistica è necessario conoscere dove era localizzato quel proiettile ad un certo istante e con che velocità si stava muovendo. È chiaro che la parola "iniziale" non si riferisce qui semplicemenet ad un evento iniziale ma a un qualsiasi tempo arbitrario t. Le condizioni iniziali possono anche essere considerate come appartenenti alla classe più ampia delle condizioni al contorno, che identificano in maniera non ambigua l’esempio in oggetto.

Se le entità biologiche non differiscono intrinsecamente da ogni altro oggetto fisico, devono poter essere trattate sullo stesso piano e secondo gli stessi criteri. L’unica differenza sta secondo me nel fatto che l’enfasi della fisica è prevalentemente posta sulle leggi, mentre in biologia le condizioni iniziali appaiono svolgere un ruolo predominante. In realtà può essere necessaria una grande quantità di tempo e di energia per specificare tutte le condizioni iniziali di una determinata situazione biologica e senza questa specificazione nessun problema può essere risolto, nemmeno in linea di principio.

In alcuni casi le condizioni iniziali includono la presenza di uno specifico genoma e di tutte le strutture biologiche di una cellula, ad esempio una cellula-uovo matura. Non c’è dubbio che condizioni iniziali del genere sono tutt’affatto peculiari, difficili da esplicitare in dettaglio e almeno altrettanto complesse degli eventi ai quali daranno origine. Parte di questa complessità è dovuta a sua volta al fatto che la maggior parte delle molecole biologiche di qualche interesse sono macromolecole.

Naturalmente ciò non significa che le entità biologiche siano regolate da leggi diverse da quelle fisiche. Significa piuttosto che pur nell’ambito della validità di queste leggi le entità biologiche sono primariamente dipendenti dalle condizioni iniziali e dal tempo. In biologia spesso ciò che è vero al tempo t2 può non essere vero al tempo t3 e/o non essere stato vero al tempo t1, dal momento che ogni organismo è soggetto a continui cambiamenti mentre si sviluppa, matura e invecchia come individuo e allo stesso tempo evolve come membro di una specie biologica. Questo concetto è spesso espresso dicendo che la biologia è una scienza storica. Dal punto di vista della ricerca, questa è probabilmente la differenza più importante fra gli oggetti della fisica e quelli della biologia: gli eventi biologici sono dominati da un insieme particolarmente complesso di condizioni iniziali che giocano un ruolo critico. Può essere interessante notare in questo rispetto che Ernest Mayr (1) ha recentemente affermato che la biologia lavora più per "concetti" che per "leggi" come invece fanno le scienze fisiche. Possiamo infatti considerare i concetti biologici come descrizioni astratte di insiemi particolari di condizioni iniziali.

Tutto ciò che abbiamo detto fino a questo punto si applica altrettanto bene ai sistemi fisici inanimati particolarmente complessi e internamente eterogenei come una cascata, un uragano o le condizioni meteorologiche di una determinata località. La dipendenza critica dalle condizioni iniziali esibita da tali sistemi complessi è già stata sottolineata e discussa (vedi ad esempio la voce bibliografica 2) e da questo punto di vista non esiste un motivo stringente per escludere che i sistemi fisici complessi e i sistemi viventi debbano essere studiati con metodi molto simili. Ma in aggiunta a questo i sistemi viventi mostrano una forma particolare di dipendenza dal fattore tempo, vale a dire la continuità obbligata di alcuni sottoinsiemi delle loro condizioni iniziali.

La vita è dominata dalla continuità, sia al livello della biomassa totale che al livello delle singole specie. La vita stessa consiste di questa continuità. Interrompere il filo di questa continuità, cioè sopprimere alcune di queste condizioni iniziali così speciali, vorrebbe dire sopprimere la vita stessa. Il corpo di un organismo pluricellulare per esempio deriva da un embrione che deriva a sua volta da un paio di gameti che derivano a loro volta da altri due corpi che derivano da altri embrioni e così via. Ovviamente la continuità di alcune condizioni iniziali all’interno di una data specie è garantita dalla presenza da un insieme molto particolare di condizioni iniziali rappresentato dal suo genoma e dai programmi genetici che questo codifica. Si può parlare in effetti di una continuità per discendenza e in questa luce la genetica può essere vista come lo studio dell’ereditarietà di condizioni iniziali particolari e biologicamente rilevanti.

Una conseguenza non secondaria di questa continuità per discendenza è la presenza in ogni specie di una varietà di meccanismi e parametri accidentali fissati nella biologia degli individui attraverso le generazioni. Almeno in linea di principio, ogni fenomeno che sia compatibile con le leggi universali delle scienze fisiche può essere osservato una volta o l’altra in qualche organismo vivente e in realtà abbiamo sotto gli occhi un’impressionante varietà di soluzioni fisico-chimiche e biologiche per raggiungere risulati comparabili. Ma la scelta effettiva di soluzioni e di parametri specifici è spesso tutta una questione di accidenti evolutivi. Per esempio noi abbiamo alcune strutture anatomiche adulte che derivano da un certo numero di strutture branchiali perché discendiamo da vertebrati acquatici e abbiamo sette vertebre cervicali perché questa è stata la soluzione numerica scelta e fissata fin dall’inizio della radiazione dei mammiferi. Questi eventi accidentali sono stati chiamati incidenti congelati. Probabilmente il più famoso di questi è l’universalità del codice genetico. Al meglio delle nostre conoscenze attuali, non c’è nessun motivo per cui nel DNA della stragrande maggioranza degli organismi viventi la tripletta AGG debba codificare l’aminoacido arginina e la tripletta CCA debba codificare la prolina. Ma questo è ciò che osserviamo.

L’intepretazione corrente di questo fenomeno è che questa particolare scelta è stata fatta, probabilmente a seguito di eventi casuali, più di tre miliari di anni fa ed è rimasta fissata da allora in poi. Altri esempi di incidenti congelati sono la struttura della membrana cellulare e l’apparato cellulare per la sintesi proteica in tutti gli organismi o la struttura fine delle ciglia negli organismi superiori. Nello studio degli organismi viventi ci si trova di fronte ad una mescolanza di elementi necessari, e quindi validi essenzialmente in ogni mondo possibile, e di elementi intrinsecamente contingenti cioè validi per questo particolare pianeta e per la storia evolutiva del tipo di vita al quale siamo abituati. È chiaro che la presenza di un certo numero di incidenti congelati in ogni specie vivente rende lo studio delle entità viventi più semplice per la comprensione immediata di fenomeni biologici specifici, ma più difficile da inscrivere nel capitolo generale delle scienze fisiche.

L’esistenza di incidenti congelati nella vita terrestre rappresenta un chiaro esempio di irreversibilità e si situa al cuore di questo fenomeno. È noto che le leggi della natura sono simmetriche per l’inversione del tempo mentre la vita di tutti i giorni ci offre una varietà enorme di esempi di processi irreversibili. In sostanza le leggi sono simmetriche riguardo al tempo ma gli eventi no. Questo fatto nasce dalla forma di alcune condizioni iniziali che derivano a loro volta da eventi che hanno infranto una simmetria originaria in quanto risultati di scelte fra possibili alternative. Come inevitabile consequenza, quei fenomeni nei quali le condizioni iniziali hanno un’importanza maggiore, come quelli studiati dalla biologia, mostrano un altissimo grado di irreversibilità. Secondo questa logica, gli esperimenti in vitro, condotti cioè con cellule in coltura o molecole in provetta, presentano la particolarità che in essi le conseguenze di alcuni di questi accidenti storici sono assenti o neutralizzate.

In verità in questo secolo abbiamo appreso che anche l’universo fisico ha avuto un’origine e ha una storia. Noi stiamo vivendo in un periodo particolare della storia dell’universo e ci sono stati periodi nei quali la vita non c’era e non era neppure concepibile. È possibile che anche la cosmologia sia una scienza storica ma la scala dei tempi è completamente diversa. Questo ci porta direttamente al secondo punto.

 

L’ambito di temperature dei vari oggetti di studio

 

La fisica studia entità che possono esistere ad ogni temperatura. La chimica classica necessita di atomi stabili e questi possono esistere solamente al di sotto di una certa tempratura. La biologia richiede cellule viventi e per quanto ne sappiamo queste possono esistere soltanto a temperature appartenenti ad un intervallo piuttosto ristretto e molto spostato verso i valori bassi. Le neuroscienze e la psicologia richiedono a loro volta un ambito di temperature ancora più ristretto poiché hanno bisogno di cellule nervose connesse fra di loro in circuiti nervosi e ciò può avvenire solo in presenza di un minimo di stabilità. La fisica ci insegna che studiare e comprendere il comportamento di oggetti ad alta temperatura è più semplice che studiare oggetti a bassa temperatura. È chiaro ad esempio che studiare l’interno di una stella è molto più semplice che studiare l’interno di un pianeta come la nostra Terra. Ciò è dovuto al fatto che alle alte temperature l’universo è altamente simmetrico da ogni punto di vista, mentre l’abbassamento progressivo della temperatura, come è avvenuto nel passato nell’universo fisico, introduce sempre più scelte accidentali che infrangono altrettante simmetrie.

Consideriamo ad esempio le forze fondamentali della natura. Nel mondo d’oggi queste sono quattro: la forza gravitazionale, quella elettromagnetica, la nucleare debole e la nucleare forte (3). Sono diverse, hanno proprietà molto diverse e controllano fenomeni naturali diversi. Oggi si sa che al di sopra di una data temperatura la forza elettromagnetica e quella nucleare debole si fondono in un’unica forza detta elettrodebole. Si crede che al di sopra di una temperatura ancora più elevata la forza elettrodebole si fonda con quella nucleare forte per dare una forza unificata e che ad una temperatura ancora più alta anche la gravitazione si possa fondere con questa forza unificata per dare una singola superforza della natura. L’energie richieste per produrre queste temperature sono enormi e attualmente al di là delle nostre possibilità, ma si ritiene che che ci sia stato un momento nella storia dell’universo in cui la sua temperatura era così alta da aversi solo una singola forza fondamentale invece di quattro (3). Dopo un po’, in realtà una frazione di secondo, la temperatura non è stata più sufficiente a mantenere questa situazione e la forza gravitazionale si è separata dal complesso delle altre tre. Un istante dopo la forza nucleare forte si è separata dalla elettrodebole e successivamente il raffreddamento dell’universo ha comportato la separazione della forza nucleare debole da quella elettromagnetica fino a comporre il quadro che osserviamo oggi. Si può fare uso del concetto di simmetria (4) e dire che alcune simmetrie sono andate progressivamente infrante e che questi processi di rottura di simmetria hanno portato il mondo ad essere quello che è a partire dalla prima separazione delle quattro forze fondamentali. Successivamente un numero sempre maggiore di simmetrie sono andate infrante, conducendo alla formazione prima di nuclei stabili, poi di atomi, di molecole e infine di stati di aggregazione che hanno un grado di simmetria via via sempre più basso. Anche nel nostro mondo alle alte temperature le molecole quasi si ignorano a vicenda ed è relativamente facile studiare il loro comportamento, mentre a temperature più basse le interazioni molecolari vengono alla ribalta e tendono a confondere il quadro generale.

Almeno sul nostro freddo pianeta, tutto ciò ha condotto alla formazione di molecole, macromolecole, aggregati molecolari, micelle e così via. Si è assistito ad uno spostamento progressivo verso l’aggregazione delle entità primitive per dar luogo a domini di coerenza sempre più ampi che mostrano un grado crescente di stabilità e di complessità strutturale. Ad un dato momento è comparsa la vita. Parlando in termini astratti possiamo dire che in quel momento si è rotta un’altra simmetria, quella fra oggetti viventi e non viventi. Prima di un certo istante quella asimmetria era priva di senso, dopo di questo sono comparse nel mondo le due classi separate di entità. Con la comparsa degli organismi viventi, la materia aggregata ha cominciato ad esibire un altro tipo di coerenza, la coerenza nel tempo, cioè la persistenza e la continuità per discendenza. Gli oggetti viventi sono domini di coerenza relativamente estesi sia nello spazio che nel tempo. Da questo punto di vista è stato proposto che abbiamo a che fare con una scala di complessità crescente estendentesi dalla cellule (ordine di grandezza dei mm) agli organi (mm), organismi (cm), popolazioni (m) e comunità culturali che possono estendersi pure nel tempo (5). Tutto ciò sarebbe probabilmente spazzato via da un improvviso significativo aumento della temperatura locale e certamente da un aumento della temperatura globale dell’universo.

Ci troviamo qui al cospetto del problema delle cosiddette proprietà emergenti, quelle proprietà degli oggetti ordinari che non sono comparse e non hanno avuto senso finché la materia non è riuscita a organizzarsi in sistemi di sufficiente complessità. Esempi di proprietà emergenti sono la proprietà di essere solidi o di essere colorati o di essere vivi o anche intelligenti. È interessante notare che anche il possesso di un’individualità può essere considerata una proprietà emergente. Le particelle elementari infatti non presentano questa proprietà mentre le strutture di complessità strutturale crescente acquistano progressivamente questa proprietà in un processo che culmina con gli animali superiori e l’uomo.

I fisici, e più in generale gli scienziati che adottano un atteggiamento riduzionista, vedono con sospetto il concetto di proprietà emergenti e le sue implicazioni. L’argomento delle proprietà emergenti può in effetti essere fuorviante, se non molto pericoloso, se usato per invocare, più o meno esplicitamente, l’intervento dall’alto di entità metafisiche quali la Vita, la Mente o la Coscienza. Nondimeno la contemplazione dell’esistenza di proprietà emergenti e il riduzionismo sono per me due facce della stessa medaglia, due modi divergenti di guardare alla realtà che di necessità si implicano a vicenda. Se guardiamo all’evolversi del mondo presente a partire dalle sue origini, osserviamo un progressivo emergere di nuove proprietà. Se invece guardiamo indietro nel tempo o tentiamo di ridurre i livelli di aggregazione più alti a quelli inferiori, abbiamo il riduzionismo. La questione fondamentale in questo contesto è quanto potente e promettente può rivelarsi un approccio riduzionistico nella biologia di oggi e di domani. La mia risposta è che questo approccio è di importanza fondamentale per lo studio dettagliato di ogni tipo di processo biologico ma la sua utilità è tanto maggiore quanto più si ha coscienza dell’importanza degli accidenti storici che rendono le entità biologiche così irreversibili e sostanzialmente uniche. In altre parole, le entità biologiche possono essere o non essere ridotte a livelli inferiori di organizzazione, ma ogni volta che ci si accinge a questa impresa è opportuno ricordare che moltissime delle loro proprietà non si sono consolidate tutte in una volta ma sono il risultato di un processo storico lungo e laborioso.

 

Informazione e codificazione

 

La fisica e la chimica trattano essenzialmente la conservazione e le trasformazioni di tre entità: la materia, l’energia e l’informazione, che può anche essere vista come correlata all’entropia. La biologia pone un’enfasi particolare sull’informazione e sugli strumenti concettuali ad essa correlati. Infatti la biologia, e più precisamente la biologia molecolare, è stata la prima disciplina sperimentale che ha fatto un uso deliberato di questo apparato concettuale. Questa può risultare da una contingenza storica dovuta al fatto che la biologia molecolare si è sviluppata proprio nel periodo immediatamente successivo alla nascita della teoria dell’informazione, ma sembra più probabile che la biologia non possa assolutamente fare a meno di utilizzare questi concetti. La ragione è probabilmente da ricercarsi nel fatto che il programma genetico che assicura la temporanea stabilità dei singoli organismi e la continuità delle varie specie attraverso le generazioni è intrinsecamente un messaggio ordinato o una collezione di messaggi ordinati materializzati in particolari macromolecole, anch’esse relativamente stabili nel tempo.

Un messaggio è costituito da una sequenza di simboli. In termini astratti, i simboli sono entità alternative estratte da un inventario chiuso che può anche essere considerato un alfabeto. Questi simboli sono posti in una sequenza nella quale l’ordine conta, poiche AB è generalmente diverso da BA. L’esistenza di simboli implica a sua volta l’esistenza di un codice inteso come una corrispondenza, possibilmente non ambigua, tra membri dei due inventari. Questa corrispondenza è fissa ma generalmente arbitraria. I simboli possono a loro volta esistere a vari livelli della codificazione. Per le lingue naturali si parla di articolazione del linguaggio, che si presenta almeno duplice: al livello dei suoni (fonemi) e a quello delle parole (morfemi).

Consideriamo un tratto di DNA che rappresenti un frammento genico. Sappiamo che questo consiste di una sequenza di nucleotidi presi da un repertorio molto ristretto di quattro lettere: A, G, C e T. Il messaggio è notoriamente letto in triplette. Ognuna di queste triplette codifica uno specifico ammino acido: CCA ad esempio codifica un residuo di prolina. Il nucleotide C che si trova al centro di questa tripletta può cambiare per un errore biologico, spontaneo o indotto, che rappresenta in definitiva il risultato di fluttuazioni statistiche, ma può solo cambiare in direzione di tre possibili alternative. Può divenire cioè una G, una A o una T. Non può divenire nient’ altro e soprattutto non può divenire niente come 2/3 di una C e 1/3 di una G or 2.546 C. La scelta è fra alternative discrete. Questo fatto previene una larga porzione di errori derivanti da fluttuazioni casuali. Dal punto di vista della biochimica non è impossibile che un dato nucleotide partecipi della natura di una C e di una T allo stesso tempo. Il punto è che al momento della sintesi della corrispondente proteina il nucleotide stesso verrà interpretato o come una C o come una T ma non come un misto delle due. Non è quindi la natura intrinseca dei nucleotidi che previene alcuni effetti delle fluttuazioni casuali del messaggio genetico ma la loro condizione di entità codificanti.

Tutto ciò è cruciale per la persistenza di una cellula o di un organismo. In fisica e in chimica si ha generalmente a che fare con miliardi e miliardi di molecole e se anche ciascuna di loro è soggetta a fluttuazioni stocastiche le loro proprietà statistiche sono relativamente stabili e predicibili. In biologia al contrario si è spesso in presenza di un numero molto ridotto di molecole di una data specie presenti in ogni singola cellula ma queste si comportano in una maniera predicibile e quasi determinata. Questo è particolarmente notevole se si considera che alcune proteine e alcuni RNA messaggeri possono essere presenti in poche centinaia di copie e che il DNA stesso è presente in una o due copie per cellula.

La vita sembra risolvere molti dei problemi posti dal secondo principio della termodinamica attraverso un uso oculato dell’energia libera. Questo risultato è possibile per il concorso di varie condizioni, fra le quali la temperatura relativamente bassa, la presenza di molecole di notevoli dimensioni come le macromolecole e l’uso di una varietà di processi di codificazione a diversi livelli. La codificazione è a sua volta una forma di scelta da un inventario discreto di alternative possibili. Così un gene può essere attivo o quiescente e ogni stato cellulare è determinato dall’insieme degli stati di accensione o di quiescenza dei suoi singoli geni. Ogni cellula può trovarsi in un dato stato caratterizzato da quali dei suoi geni sono accesi e quali quiescenti in una schema concettuale che è stato chiamato combinatorio.

Questo è altrettanto vero al livello dei tessuti o delle regioni corporee. L’epidermide primitiva può trasformarsi in epidermide matura o in neuroepitelio. Un segmento del corpo di un insetto che si sta sviluppando può trasformarsi in uno dei circa 15 segmenti corporei previsti, ma molto raramente in una combinazione di due di questi. Un altro esempio è dato dall’accensione dei neuroni. È noto che questi possono inviare un segnale nervoso o non inviarlo secondo uno schema tutto-o-nulla. Infine le neuroscienze e le scienze cognitive ci dicono che anche al livello delle attività mentali superiori esistono degli schemi predeterminati - percettivi, rappresentazionali e comportamentali - e che noi apprendiamo, facciamo valutazioni e ci comportiamo sulla base di questi schemi (6). In ognuna di queste circostanze la vita implica una scelta all’interno di un insieme discreto di alternative possibili, la maggior parte delle quali determiante dal progetto generativo codificato nel patrimonio genetico presente in ogni cellula.

 

Coda: la natura dell’esperienza

 

I processi biologici sono chiaramente influenzati dagli eventi esterni. Possiamo chiamare esperienza in senso lato l’insieme di queste interazioni. Il concetto di esperienza così definito si può applicare a tutte le entità biologiche, dalle più elementari come i geni o le cellule su su fino all’apprendimento e al comportamento. Sulla base di ciò che abbiamo detto fin qui l’esperienza può essere vista come una selezione, operata sotto l’influenza di eventi esterni, di stati interni specifici a partire da un inventario chiuso di stati interni alternativi (Figura 1). In conseguenza di una qualsiasi di queste scelte il repertorio di stati interni che un gene, una cellula, un organo o un sistema possono assumere è momentaneamente ristretto, magari a un solo elemento. Se questo nuovo repertorio resterà ristretto, evolverà verso una nuova configurazione implicante scelte alternative diverse o ritornerà alla condizione originaria dipenderà dagli eventi successivi che possono andare nella direzione degli eventi esterni precedenti, e quindi confermare le scelte fatte, oppure no. È ovvio che gli inventari biologici stessi possono cambiare con il procedere dell’evoluzione - quest’ultima non è infatti altro che l’evoluzione di tali inventari nel tempo - ma la scala temporale che vi è implicata è radicalmente diversa.

 

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Figura 1. Schema dell’interazione fra gli stati biologici interni e gli eventi esterni. Gli stati interni possono essere visti come scelte alternative appartenenti ad un inventario chiuso e possono riferirsi a uno qualsiasi degli esempi discussi nel testo: geni, cellule, tessuti, segmenti corporei, neuroni o stati mentali. Lo stato iniziale interno 0 può evolvere verso uno qualsiasi di, diciamo, 5 stati. L’intervento di un evento esterno (freccia verticale) impone una restrizione delle scelte a, diciamo, 2 di questi stati. In conseguenza del complesso degli eventi esterni successivi il sistema può tornare allo stato iniziale, rimanere in questo nuovo assetto o evolvere verso un nuovo assetto.

 

Bibliografia

1 Mayr, E. (1998). Il modello biologico. Milano: McGraw-Hill.

2 Ruelle, D. (1993). Caos e Caso. Torino: Bollati Boringhieri.

3 Weinberg, S. (1993). I primi tre minuti. Milano: Mondadori.

4 Mainzer, K. (1996). Symmetries of nature. Berlin: Walter de Gruyter.

5 Miller, J.C. (1978). La teoria generale dei sistemi viventi. Milano: Franco Angeli.

6 Gardner, H. (1988). La nuova scienza della mente. Milano: Feltrinelli.

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